"Simply the best"
Sara' una generazione diversa.
Sara' la cultura diversa.
Sara' il Paese diverso.
Di sicuro e' un mercato del lavoro diverso.
Da circa un mese sto facendo dei colloqui per assumere una nuova assistente (cinese). Cerco una figura un po' factotum, che segua un po' di contabilita', faccia marketing e PR, sbrighi faccende segretariali. Piu' che al CV, guardo alla forma mentis. Mi serve una persona sveglia e scattante, elastica e creativa, che sappia lavorare sotto pressione (non mia, ma del carico di lavoro) senza andare nel panico, che sappia gestire bene tempi, incarichi e le consuete sorprese strada facendo (che qui non ci mancano mai) - anzi, che di sorprese sappia anche anticiparne un po'. Soprattutto, cerco una persona che sappia prendere per il verso giusto i nostri partner cinesi.
Poco fa ho fatto un colloquio al migliore dei curricula che ho ricevuto.
Migliore dal punto di vista accademico perlomeno.
Shanghainese, laureata in Belgio, master in Olanda, parla benissimo inglese, ha una buona consocenza dell'Europa e del modo di fare europeo.
Tra le varie domande di rito, le chiedo come mai crede di essere il candidato giusto per questo lavoro. Risposta (riporto parole testuali): "Because I know there is no one else better than me in the market."
Wow, quite a statement, penso subito ad alta voce.
A parte il fatto che ha un miliardo e trecento milioni di concittadini.
A parte il fatto che a 27 anni non ha ancora mai lavorato.
A parte il fatto che, di questi tempi, non e' l'unica cinese ad essersi fatta 5 anni di studio in Europa.
A parte tutto cio', che voglia ho io di lavorare assieme ad una persona che mi si presenta in questo modo?
Le chiedo, poi, come mai sia interessata a lavorare per un'organizzazione no-profit e per un progetto di cooperazione allo sviluppo quando Shanghai, si sa, e' la citta' dei grandi affari aziendali e tutti i cinesi ci vengono a caccia di una scalata in una grossa multinazionale.
"Mi sono resa conto che ormai e' pieno di cinesi che vanno all'estero per fare un MBA [Master in Business Administration] ma non c'e' nessuno che vada a studiare Public Administration [come ha fatto lei]. Quindi fra qualche anno figure come le mie saranno ricercatissime e io voglio andare a lavorare all'UNDP [United Nations Development Programme, ovvero il programma ONU che presiede alle diverse attivita' di cooperazione nei Paesi in via di sviluppo]."
Un ragionamento che razionalmente non fa una piega.
Certo, pero', una motivazione decisamente diversa da quella con cui io, o altri colleghi, siamo entrati nel settore dei programmi di cooperazione internazionale.
Nella sua, di 'umanitario' o perlomeno filantropico-altruista, non c'e' traccia.
Eppure un profilo o un ragionamento come il suo sono sempre meno a-tipici negli scenari urbani della Cina sviluppata moderna.
E' la generazione dei figli unici delle grandi citta'. I cosidetti 'nuovi imperatori', perno attorno a cui ruotano - e per cui si sacrificano - una coppia di genitori e sino a quattro coppie di nonni.
Hanno studiato duro all'universita', imparano l'inglese, non sprecano un giorno a fare qualcosa che non porti loro un qualche beneficio spendibile nel curriculum. Sanno di essere una preda sempre piu' ricercata dalle aziende straniere che in Cina continuano a faticare nel trovare personale qualificato, che parli inglese e sappia destreggiarsi tra la mentalita' cinese e il modo di fare affari degli occidentali.
Non sono disposti, come i loro genitori, a vivere perennemente di sacrifici o a vivere come cittadini di seconda classe, fianco a fianco con i loro coetanei stranieri che a Shanghai fanno la bella vita. Eppure anche in Cina, di questi tempi, la disoccupazione dei giovani qualificati e' un problema non secondario e la concorrenza e' forte tra gli oltre 6 milioni di neolaureati del solo 2010.
Io, in Italia/Europa non mi sarei mai sognata di pronunciare una frase del genere durante un colloquio! Si, in Italia sbagliamo ad essere eccessivamente modesti e sottomessi, a doverci sempre inchinare e ringraziare solo perche' ci viene concessa udienza per poter avere un lavoro.
Peraltro, mi fa sorridere constatare come tutti questi cinesi si presentino a fare domanda di lavoro sotto il cavallo di battaglia di presunti superior communication skills.
Hanno capito che la comunicazione tra Occidente e Oriente e' la vera chiave di volta per il successo di un'impresa d'affari.
Evidentemente, pero', non abbiamo sempre in mente lo stesso concetto di 'comunicazione'.
Sara' la cultura diversa.
Sara' il Paese diverso.
Di sicuro e' un mercato del lavoro diverso.
Da circa un mese sto facendo dei colloqui per assumere una nuova assistente (cinese). Cerco una figura un po' factotum, che segua un po' di contabilita', faccia marketing e PR, sbrighi faccende segretariali. Piu' che al CV, guardo alla forma mentis. Mi serve una persona sveglia e scattante, elastica e creativa, che sappia lavorare sotto pressione (non mia, ma del carico di lavoro) senza andare nel panico, che sappia gestire bene tempi, incarichi e le consuete sorprese strada facendo (che qui non ci mancano mai) - anzi, che di sorprese sappia anche anticiparne un po'. Soprattutto, cerco una persona che sappia prendere per il verso giusto i nostri partner cinesi.
Poco fa ho fatto un colloquio al migliore dei curricula che ho ricevuto.
Migliore dal punto di vista accademico perlomeno.
Shanghainese, laureata in Belgio, master in Olanda, parla benissimo inglese, ha una buona consocenza dell'Europa e del modo di fare europeo.
Tra le varie domande di rito, le chiedo come mai crede di essere il candidato giusto per questo lavoro. Risposta (riporto parole testuali): "Because I know there is no one else better than me in the market."
Wow, quite a statement, penso subito ad alta voce.
A parte il fatto che ha un miliardo e trecento milioni di concittadini.
A parte il fatto che a 27 anni non ha ancora mai lavorato.
A parte il fatto che, di questi tempi, non e' l'unica cinese ad essersi fatta 5 anni di studio in Europa.
A parte tutto cio', che voglia ho io di lavorare assieme ad una persona che mi si presenta in questo modo?
Le chiedo, poi, come mai sia interessata a lavorare per un'organizzazione no-profit e per un progetto di cooperazione allo sviluppo quando Shanghai, si sa, e' la citta' dei grandi affari aziendali e tutti i cinesi ci vengono a caccia di una scalata in una grossa multinazionale.
"Mi sono resa conto che ormai e' pieno di cinesi che vanno all'estero per fare un MBA [Master in Business Administration] ma non c'e' nessuno che vada a studiare Public Administration [come ha fatto lei]. Quindi fra qualche anno figure come le mie saranno ricercatissime e io voglio andare a lavorare all'UNDP [United Nations Development Programme, ovvero il programma ONU che presiede alle diverse attivita' di cooperazione nei Paesi in via di sviluppo]."
Un ragionamento che razionalmente non fa una piega.
Certo, pero', una motivazione decisamente diversa da quella con cui io, o altri colleghi, siamo entrati nel settore dei programmi di cooperazione internazionale.
Nella sua, di 'umanitario' o perlomeno filantropico-altruista, non c'e' traccia.
Eppure un profilo o un ragionamento come il suo sono sempre meno a-tipici negli scenari urbani della Cina sviluppata moderna.
E' la generazione dei figli unici delle grandi citta'. I cosidetti 'nuovi imperatori', perno attorno a cui ruotano - e per cui si sacrificano - una coppia di genitori e sino a quattro coppie di nonni.
Hanno studiato duro all'universita', imparano l'inglese, non sprecano un giorno a fare qualcosa che non porti loro un qualche beneficio spendibile nel curriculum. Sanno di essere una preda sempre piu' ricercata dalle aziende straniere che in Cina continuano a faticare nel trovare personale qualificato, che parli inglese e sappia destreggiarsi tra la mentalita' cinese e il modo di fare affari degli occidentali.
Non sono disposti, come i loro genitori, a vivere perennemente di sacrifici o a vivere come cittadini di seconda classe, fianco a fianco con i loro coetanei stranieri che a Shanghai fanno la bella vita. Eppure anche in Cina, di questi tempi, la disoccupazione dei giovani qualificati e' un problema non secondario e la concorrenza e' forte tra gli oltre 6 milioni di neolaureati del solo 2010.
Io, in Italia/Europa non mi sarei mai sognata di pronunciare una frase del genere durante un colloquio! Si, in Italia sbagliamo ad essere eccessivamente modesti e sottomessi, a doverci sempre inchinare e ringraziare solo perche' ci viene concessa udienza per poter avere un lavoro.
Peraltro, mi fa sorridere constatare come tutti questi cinesi si presentino a fare domanda di lavoro sotto il cavallo di battaglia di presunti superior communication skills.
Hanno capito che la comunicazione tra Occidente e Oriente e' la vera chiave di volta per il successo di un'impresa d'affari.
Evidentemente, pero', non abbiamo sempre in mente lo stesso concetto di 'comunicazione'.