Sabato sera: "Je fais de la politique aussi"
Un altro sabato sera shanghainese.
Erano le 10, ero appena passata a ritirare gli abiti in lavanderia e a pagare le ultime bollette (già, i lussi dell'efficienza pratica cinese. A parte la comodità per una persona che lavora e che "in orario d'ufficio" tempo non ne ha per andare a sbrigare queste commissioni, adoro il gusto di poter fare queste faccende nelle ore e nei giorni più impensabili in un "paese normale"). La mia amica deve partire, altrimenti perde l'ultima corsa e il tizio, con cui avevo cominciato a parlare in francese, mi convince allora ad accompagnarli e unirmi a loro per cena.
Spinta più che altro dalla curiosità di scoprire quella borgata e quel ristorante, parto in "capo delegazione". Comincio a parlare con un pò di loro e si scopre che sono una delegazione di architetti - uomini e donne - del Marocco, venuti a Shanghai per l'Expo e vari progetti di architettura eco-sostenibile etc etc. Quando vengono a sapere che mi occupo di un progetto simile per l'Unione Europea, ah, rimangono folgorati e allora non c'è proprio più ragione perchè non rimanga a cena con loro.
Ci avventuriamo per queste stradine dall'aria sempre più hongkongina, in un quartiere del centro di Shanghai che sa molto di Cina anni Venti-Trenta: esclusivamente cinese, con qualche pennellata di kitsch qua e là, tutto una grossa borgata di ristoranti e locali di massaggio, piena di luci al neon, vasche di pesci (è la stagione del granchio, peraltro, ora a Shanghai) e vita di strada.
Arriviamo al ristorante (ormai s'erano fatte le 11) ma bisogna aspettare qualche minuto perchè si liberasse la sala più spaziosa. E allora intanto qualcuno del gruppo va a dare un occhio al ristorante di fronte e scopre che ha "una maggiore varietà di pesce" e così mi scuso con la cameriera, che ormai era pronta a prendere l'ordine, e bluntly attraversiamo la strada mentre lei mi strilla "Lì il cibo è più caro! e poi non fanno piatti di Shanghai, lì è tutta cucina del nord della Cina!"
Riferisco il messaggio ma gli altri ormai hanno deciso, e così si passa all'altro fronte.
E lì comincia lo strazio infinito - sarà durato letteralmente una mezz'ora - di aiutarli ad ordinare. Chiaramente nessuno di loro parlava una parola di cinese - a stento parlavano un pò di inglese - e io lì a saltimbeccare per aiutare tizio e caio nelle loro richieste e domande più strane. Grazie al cielo questo ristorante perlomeno aveva le fotografie nel menu, altrimenti non ne se ne veniva più fuori. "Niente carne di maiale" chiaramente, "vogliamo solo pesce" - "puoi chiedergli come fanno il serpente che si vede in quella vasca lì?" "Ma non hanno degli antipasti per fare un "aperitivo cinese"?
Insomma, dopo dieci minuti ero lì che mi maledicevo per buttarmi sempre a capofitto in queste situazioni, senza pensarci due volte.
Anche perchè non è che si facessero troppi scrupoli a chiedermi di aiutarli con questo e con quello. Non appena siamo arrivati al ristorante, quasi tutti si erano seduti - gli uomini tutti su un tavolo, le donne dall'altro (han poi dovuto mescolarsi perchè i cinesi hanno ri-sistemato la tavola) ma un paio di uomini e una ragazzina tutta peperina hanno preso le redini della "missione ordinazione" e m'hanno fatta ostaggio.
La saga del serpente, poi, è andata avanti senza tregua.
Prima era solo un tizio che lo voleva, e la signora del ristorante a dirmi che sì, lo fanno in porzioni da mezzo chilo. Il tipo ci pensa e vuole sapere come lo cucinano, (me lo fa chiedere senza premettere neanche un "scusa, per favore puoi chiederle..."). La tizia mi spiega come lo fanno - lì c'è voluto un pizzico di immaginazione da parte mia per tradurre dal cinese come cavolo si cucina un serpente ma il tale, non pago, vuole sapere se glielo possono fare grigliato invece. Non se ne parla, risponde la tizia, e lì partono una serie di spiegazioni sul perchè il serpente fatto in quel modo è migliore di quello grigliato.
Mon Dieu, io intanto ce l'avevo sempre di più con me stessa - "mai più ficcarsi in situazioni del genere" - ed escogitavo piani di fuga.
Nel frattempo s'era creata una bella complicità tra me e la ristoratrice che, stufa anche lei di tutte quelle richieste e dell'ordine che cambiava ogni 5 minuti, ad un certo punto, rendendosi conto che non ne potevo più di di giri avanti e indietro e di spericolate traduzioni dal francese al cinese e vice versa, mi dice "Ma questi non sono senza soldi, falli prendere le cose che costano!".
Ultime richieste: "Puoi dirgli che portino prima la zuppa e l'insalata, poi tutto il resto?" (in Cina servono tutto contemporaneamente) e "Vorremo del sake" (e io a spiegare che il sake si beve in Giappone, in Cina casomai c'e' la grappa, baijiu).
Amen. Ordine compiuto. 11.30pm. Mi siedo giusto per bere qualcosa e ripigliarmi un attimo e le signore, carinissime, "ma come, non mangi?" "ma non ceni?". Inutile che io continuassi a spiegare che, beh, scusate ma casualmente avevo già cenato e non avevo fame.
Alla fine assecondo un pò di conversazioni con un pò di loro, persone tuttte molto distinte. Ne guadagno non so quanti inviti per andare in Marocco - benchè non sia esattamente in cima alla mia travelling agenda - e, come sempre in questi casi, mi perdo in quelle atmosfere di fascino esotico, lontano e sconosciuto.
Dopo una quindicina di minuti decido però che sia giunta l'ora di andarsene sul serio.
Saluto, vengo travolta da un'ondata di calorosi ringraziamenti, raccolgo la mia borsetta della lavanderia e mi avvicino alla porta, accompagnata dal "capo delegazione" che inizialmente si era rivolto a me e alla mia amica.
Io intanto do un colpo d'occhio veloce al biglietto e, sotto il suo nome, noto "Vice-Presidente del Parlamento".
Così, come io gli avessi detto che, a tempo perso, mi do al giardinaggio.