Vita da Super Mario

© Silvia Sartori, Shanghai, Febbraio 2011. 
Un’insegna indica gli orari di apertura di uno dei pochissimi locali rimasti aperti durante le vacanze di Capodanno Cinese.

Shanghai – Devo confessarlo: ho una passione smodata per l’efficienza. Chissà, forse per questo devo dare credito alla mia origine veneta o, come ironizza la mia amica napoletana, al mio “essere tedesca”, però adoro riempire le mie giornate di mille obiettivi da raggiungere, in archi di tempo, diciamolo, poco realistici. 

E la Cina, complice il business che non conosce orari, i costi relativamente bassi e una certa “flessibilità” quando si tratta di fare soldi , è un Paese ideale per chi ama l’efficienza. (Nota bene: parlo di efficienza del sistema, non necessariamente dei singoli  – quello è un altro discorso.) La quantità di cose che riesco a fare qui in un giorno mi elettrizza e mi lascia piuttosto stupefatta - e alquanto soddisfatta di me stessa - se la confronto a quanto riuscirei a fare nel Caro Vecchio Mondo (l’Occidente). Riesco mediamente ad avere quella che, scherzando con un’amica, definivo “vita da Super Mario”.

Prendiamo oggi: in pausa pranzo sono passata all’ospedale a ritirare una cosa, poi mi sono fermata fuori a mangiare e sono rientrata in ufficio. Me ne sono andata alle 18:30, uscita dalla metro mi sono fermata a rifare l’abbonamento, ho mollato le cose a casa, mi sono cambiata e sono uscita a fare la spesa. Dapprima, sotto il ponte – in senso letterale – vicino casa mia, dove i contadini vengono ogni giorno a vendere frutta, verdura, carne, ecc. Poi, sono passata al supermercato cinese (aperto fino alle 22:00) a comprare un paio di cose. Sono ripassata per casa, ho mollato giù le borse e sono ri-uscita, alla volta di un altro supermercato (anche questo aperto fino alle 22:00), dove vendono cose che non trovo in quello cinese.
A proposito, il tutto  sempre a piedi.
Per strada ho incontrato un vicino di casa e ci siamo fermati un pezzo a parlare. Erano ormai le 20:00 quando sono andata al secondo supermercato e, in tutta calma mezz’ora dopo ero a casa, ad ulteriore spesa compiuta, a cucinare. In realtà sarei anche dovuta passare dal lavasecco (aperto anche lui fino alle 22:00) e a pagare le bollette (cosa che posso fare 24 ore al giorno, presso i convenience store) ma francamente non ne avevo voglia. Domani in pausa pranzo passo in banca a pagare l’affitto, (cosa che posso fare anche di domenica – v. questi miei post  precedenti)  delle volte mi capita di andare dal parrucchiere alle undici di sera, e via di questo passo.

Vediamo un po’. Se fossi in Italia/Europa, molto probabilmente avrei dovuto rispettivamente prendere l’appuntamento settimane (mesi?) prima, avere l’automobile, partire secoli prima per trovare parcheggio, fare le corse per strada e al supermercato prima che tutto chiuda, magari prendermi delle ore di permesso dal lavoro. Col mio vicino di casa avrei dovuto probabilmente tagliare corto dopo un paio di minuti “perché mi sta chiudendo il supermercato”. Forget about il lavasecco e le bollette poi. E quanto alla banca, la cosa più creativa che abbia da sfoggiare in Italia sono proprio i suoi orari di apertura in pausa pranzo, del genere: “chiuso dalle 12:20 alle 13:45”, per poi chiaramente chiudere al pubblico alle 15:00 o giù di lì. Sfido io che la gente in Italia mi paia sempre di corsa, sempre stressata e finisca poi col passarsi i sabati pomeriggio al supermercato o i weekend a fare shopping (quando i negozi sono aperti)!
Ci penso spesso: se fossi in Italia come farei, su un piano meramente pratico, a organizzarmi tutta la mia vita da sola? Intendo dire: lavorando a tempo pieno, avendo una casa da gestirmi da sola e, soprattutto, volendo avere una vita oltre il lavoro e oltre le faccende da sbrigare. Impossibile, credo.

Proprio la settimana scorsa ascoltavo un consulente urbanistico svedese che spiegava come, nella concorrenza mondiale futura per accaparrarsi “i cervelli” - e, di conseguenza, le loro tasse -  le città dovranno investire sempre di più in aspetti quali l’organizzazione urbanistica, lo stile di vita, la qualità dell’ambiente ecc. Lui citava ad esempio la concorrenza tra Copenhagen e Stoccolma, io oggi pensavo al divario tra la mia vita qui e quella che avrei se vivessi a casa.  Le grandi città cinesi hanno ancora strada da fare (ad esempio sul fronte inquinamento o sull’accesso ai servizi in lingua inglese) ma i cinesi, lungimiranti e pragmatici come sempre, ne sono ben consapevoli. Non a caso, uno degli obiettivi recenti di breve periodo di Shanghai, e Pechino con lei, è proprio quello di trasformarsi in “capitale internazionale” in grado di attrarre sempre più talenti. E, nota bene, non “stranieri qualsiasi” ma “talenti”. 

Ma questo, again, è un altro discorso. Ora vado che, ore 21:00, la mia cena parrebbe pronta.