A Saturday night in Shanghai
©Silvia Sartori. Shanghai, 3 Settembre 2011.
Limousine presso un celebre ristorante messicano.
Shanghai -- Sabato sera uscivo da cena a casa di amici che abitano in Concessione
francese (il vecchio quartiere coloniale di Shanghai, costellato da villini
europei di primo Novecento e filari di grandi platani). Scesa in strada, mi
sono accorta di tre stelle in cielo, una visuale piuttosto rara a Shanghai. Una
piacevolissima brezza ha cominciato a vorticarmi attorno. Sgoccioli d’estate
con, nell’aria, un profumo d’autunno precoce.
I vicoli si stavano facendo vuoti, bui e silenziosi. Tutto esalava un
silenzio accogliente e invitante. Ho calcolato che, by the time I got to the subway station, la metro sarebbe probabilmente
già chiusa (erano quasi le 10.30pm) e francamente, con quel tempo e quella pace
nell’aria, non avevo per nulla voglia di salire su un taxi.
“Let’s
walk all the way home!", mi son detta.
Non avevo mai fatto quel tragitto interamente a piedi. Un veloce
calcolo mentale: l’equivalente di quattro fermate metro, saranno circa sei
chilometri, dovrei metterci un’oretta e mezza or so.
E così mi sono messa in moto.
Birkenstock ai piedi, musica alle orecchie, borsa a tracolla, SRL al
braccio, carta e penna per le mani, sono partita, decisa ad attraversare
Shanghai di notte. Ad attraversare la notte di Shanghai.
Dalla parte sud della Concessione francese fino alla stazione dei treni a nord, dove abito.
Ero stata fuori a fotografare tutto il pomeriggio, ora volevo fotografare mentalmente la notte, registrarne ogni traccia di vita.
Dalla parte sud della Concessione francese fino alla stazione dei treni a nord, dove abito.
Ero stata fuori a fotografare tutto il pomeriggio, ora volevo fotografare mentalmente la notte, registrarne ogni traccia di vita.
Mi piacciono queste megalopoli di notte. Sembrano spogliarsi delle
fatiche quotidiane, degli eccessi di cui devono farsi carico di giorno.
Sembrano finalmente abbandonarsi a se stesse, ad una naturalezza senza
costrizioni. Per questo, di notte, non sono apatiche. Non si limitano a
fermarsi a riposare. Continuano a pulsare, semplicemente inalando ed esalando
più profondamente, di respiro in respiro.
Il mercanteggiare, l’anima della Cina, continua anche di notte.
Durante la mia camminata, ho visto all’opera fruttivendoli,
parrucchieri, “cuochi” di strada, artigiani, sarti. Ho trovato aperti
ristoranti, fruttivendoli, fast-food,
panifici, negozi di tè, rivendite di DVD e CD, negozi di prese, cavi e tubi,
locali di massaggi e manicure, negozi
di abbigliamento, scarpe e bigiotteria, bar e discoteche, negozi di tende, di
lenzuola, di federe e di quegli strati di bambù che i cinesi usano per
agevolare il sonno nelle torride notti estive.
Ho visto un paio di persone dormire, raggomitolate su un angolo di
marciapiede o sotto un ponte. Ho visto bimbi giocare in strada - mi colpisce
sempre come, in Cina, i bambini sembrino stare in piedi fino a tardi. Ho visto
manovali appisolarsi dentro il camioncino di lavoro. Ne ho vistoialtri al
lavoro in uno dei tanti cantieri cittadini. Ho visto spazzini raccogliere le
immondizie e poliziotti fare la guardia fuori a celebri KTV. Ho visto amici
giocare in strada col loro laptop. Ho
visto uomini occidentali mano nella mano con la loro cinesina, cinesi
alternativi in attesa dei loro amici, ragazze cinesi in gran mise per la serata imminente, single,
coppie e famiglie a passeggio.
Ho visto cinesi fare jogging,
altri di corsa in sella alla loro bicicletta. Ho visto cinesi che
fotografavano, impiegati che staccavano dal lavoro e tornavano a casa. Ho visto
gente a passeggio in pigiama (scena che, comunque, è molto comune anche di
giorno). Ho visto nugoli di cinesi, vecchi e giovani, ferocemente intenti in
partitoni di mahjong [una sorta di
versione cinese degli scacchi] e di carte, su marciapiedi e dentro a tuguri di
case-negozio. Ho visto addormentarsi custodi di parcheggi e guardiole di
condomini. Ho visto tassisti fermarsi a fare pipì tra i cespugli lungo la
strada(cercando di non pensare che, con quelle stesse mani, poi ti danno il
resto). Ho visto code di taxi liberi, ambulanze in velocità, camion di trasporti
straordinari.
Attraversando la strada, un ragazzo cinese mi dichiara “You are beautiful!”
“Yes, and you are drunk”, ribatto, (un cinese sobrio difficilmente si lascerebbe andare così con una straniera.)
“Yes, and you are drunk”, ribatto, (un cinese sobrio difficilmente si lascerebbe andare così con una straniera.)
Paura? Non ne ho avuta per un nano secondo. E non perché io sia
particolarmente incosciente ma perché Shanghai (e la Cina in genere) sono il
paradiso in terra della sicurezza. Certo, valgono i soliti accorgimenti ma,
tolto questo, non v’è nulla di cui ragionevolmente preoccuparsi. Niente sbandati,
nessuno che ti importuni, al massimo qualche cinese che ti avvicina, solo per
la curiosità di sapere di dove tu sia, che fai a Shanghai, insomma il solito
ritornello.
Attraversata una tangenziale e un ponticello, sono arrivata a casa.
Era oramai mezzanotte (in tutto, dunque, meno di 90 minuti). All’ingresso del mio palazzo tre cinesi, seduti ai loro sgabelli, uno diverso dall’altro, banchettavano con del tè, e l’uomo della guardiola ci faceva quattro chiacchiere.
Era oramai mezzanotte (in tutto, dunque, meno di 90 minuti). All’ingresso del mio palazzo tre cinesi, seduti ai loro sgabelli, uno diverso dall’altro, banchettavano con del tè, e l’uomo della guardiola ci faceva quattro chiacchiere.
Nessuno pareva far caso a me. Io avevo fatto caso a tutti loro.
©Silvia Sartori. Shanghai, 3 Settembre 2011.
Un cantiere cittadino di notte.