HAPPY B’DAY!

La fine del mio (I) Piano Quinquennale

"Fortes fortuna adiuvat"
© Silvia Sartori. Shanghai, Luglio 2011.
Pechino -- Tic, tac, tic, tac.
Oggi, giorno piu' giorno meno, ricorre la fine dei miei primi cinque anni di vita in Cina.  
E, coincidenza, per il mio "chinaversary" - come l'ha chiamato qualcuno - mi ritrovo nella mia amata Pechino. Pechino, dove di fatto tutto ebbe inizio.
Era l’inverno 2004/2005 quando mollai tutto in Italia e, decisa a tornare in Cina (c’ero stata per fare una tesi l’estate prima), risposi ad un annuncio su internet. Feci un veloce colloquio telefonico con un tedesco-coreano (sic!) e zac, dopo 15 giorni ero su un aereo per una sorta di stage presso una minuscola ditta tedesca. 
Di quel primo giorno a Pechino, a meta' febbraio nel pieno ancora del gelido inverno della capitale, ricordo che mi vennero a prendere all'aeroporto amici pechinesi di un amico di Shanghai. Ossequiosi, mi portarono a pranzo a mangiare l'anatra alla pechinese, poi in auto all'indirizzo della mia nuova residenza: un vecchio hutong [i vicoli residenziali tipici di Pechino, ora in via di estinzione] in centro. Ricordo il mio stupore, misto a disbelief e terrore. What is this?! Mi sembrava una versione cinese, meno fatiscente e piu’ elegante, di una favela. Dovettero lasciare l'auto a qualche centinaia di metri perche' le viuzze erano troppo strette e l'auto non ci passava. Di li a qualche ora, ero nel mio nuovo ufficio. Anche quello in un vecchio hutong, ai piedi della Torre del Tamburo. Arrivai li, diedi un occhio al posto e, nel momento di massima lucidita' che il jetlag mi consentisse, ricordo che pensai: "I gotta get out of here. I gotta get out of here soon". Incondizionatamente.
E invece non sono affatto scappata e, anzi, dopo quei sei mesi mi sono spostata a Shanghai per due anni e mezzo. Poi un intervallo: sei mesi a Tokyo, due nuovi mesi a Pechino,  un mese in Viet Nam, un anno in Italia, per ritornare a Shanghai esattamente due anni fa oggi.
  
Tic, tac, tic, tac.
E’ curiosa, la percezione del tempo in Cina. Tra impegni, sorprese, eventi, imprevisti, passa ad una velocita’ incommensurabile. I mesi ti passano davanti come ore, gli anni si fanno mesi. Se ti fermi pero’ a ripercorrere un giorno, ti sembra sia durato settimane, tanto intensi sono i momenti che passi qui.

Tic, tac, tic, tac. 
Nel corso di questi cinque anni effettivi, ho cambiato sette case (senza contare tutte le settimane di "asilo" da amici), convissuto con gente di almeno sette diverse nazionalita'. Nel mezzo, ho fatto due traslochi intercontinentali, piu' tutta una serie di traslochi nazionali, sempre tutto "fai da me", senza ditte di spedizionieri, ne' societa' di traslochi.
Sono arrivata che il mio cinese non andava oltre a "ni hao". Ora, benche’ rimanga mama huhu [cosi cosi] - non sono mai riuscita a prendermi i canonici 6-12 mesi off per fare un corso intensivo - di fatto posso dire di riuscire a sopravvivere linguisticamente in qualsiasi circostanza.
Ho cominciato facendo traduzioni di manuali tecnici (ovvero i libretti d'istruzioni di casalinghi ed elettrodomestici) vivendo a Pechino con uno "stipendio mensile" di 1,500 RMB (circa 150 EUR) – continuo a stupirmene io stessa quando torno a pensarci! - a gestire un grosso progetto dell'Unione Europea .
Ho visto Pechino trasformarsi per le Olimpiadi del 2008, Shanghai per l'Esposizione Universale del 2010. (Solo al pensiero di quanto queste due citta' siano cambiate, ho la sensazione di essere in Cina da molto piu' di cinque anni.)
Sono arrivata in Cina che di Asia non avevo visto nulla ad aver girato, rispettivamente: Corea del Nord (sic! v. foto), Giappone (piu' volte), Singapore, Tailandia, Filippine, Nepal, Sri Lanka, Corea del Sud, Hong Kong & Macao (che sono parte della Cina in modo 'speciale'). Piu' un bel po' di Cina: dalla regione siberiana del nord ai mari tropicali del sud, dalle pianure tibetane ad Ovest ad isole di pelligrinaggio ad Est.
Ma soprattutto, ho avuto un mare di avventure di ogni genere, impensabili altrove, in Cina “pericolosamente naturali”.
Ho ricevuto proposte di matrimonio piu' e meno serie da uomini occidentali ed asiatici.
Ho conosciuto gente di ogni dove, finita in Cina per le ragioni piu' diverse. Individui famosi e perfetti sconosciuti, e non per questo meno interessanti, (anzi). Personaggi che vanno dall' "originale" (nei migliori dei casi) al "pazzo" (in tantissimi altri). Raramente persone ordinarie e noiose.
E tanto, tanto altro ancora.

Non che sia sempre stata una passeggiata. Anzi: momenti di sconforto, di fatica, di dubbio, di scoramento, di frustrazione, di stanchezza, di disorientamento, di solitudine, di buio, ne conto tanti quanti i piedini di un millepiedi.
Domande sullo stile di: "Cosa ci faccio qui?", "Ne vale veramente la pena?", "Dove sto andando?", "Ma questa lingua la imparero' mai?" sono compagne di viaggio piu' che regolari. Per non parlare dei momenti di imprecazione contro la Cina, contro i cinesi, contro il fato, il mondo e l'umanita' tutt'intera.
Pero', come dice un mio amico svedese, "In China everything is complicated and challenging, but very little is impossible". I guess that is what keeps me still here, and for a while to go (ho appena firmato un rinnovo contrattuale per un altro paio d'anni).
Guardo indietro a tutto questo e mi chiedo se avrei ancora la forza, l'energia, la determinazione per riaffrontare imprese cosi' mastodontiche (che, pero', rifarei tutte subito).
Soprattutto, guardo avanti un po' preoccupata: potranno mai ricapitarmi cinque anni altrettanto intensi?