"Panico"
Shanghai - Sono ore che sono davanti al computer e non riesco a concentrarmi e lavorare. Non riesco a ragionare a mente fredda, sono agitata, i pensieri sono confusi e vagano. Dal Giappone a qua.
Ieri sera ero a cena di lavoro con cinesi di un certo profilo e hanno cominciato a mettermi paura. A quanto pare, le autorita' qui non sono piu' tanto tranquille. Da ieri le compagnie cinesi hanno sospeso i voli su Tokyo e il governo sta monitorando i livelli di radiazioni nell'aria. Oggi ci sara' un'altra seduta. Mi sono svegliata stamattina che il telegiornale annunciava che per i prossimi tre giorni saremo sicuri. E poi?
Il mio coinquilino di quando abitavo a Tokyo se n'e' appena volato via dal Giappone. "Se aspetti di andartene quando ti confermano che la situazione e' pericolosa, allora e' gia' troppo tardi", gli ha consigliato un amico. E io penso che qui non sia poi tanto diverso. Il cinese di ieri sera m'ha detto che all'epoca di Chernobyl la nube ci ha messo 4 giorni per arrivare in Svezia. Tokyo-Shanghai sono 2 ore di volo.
Non trovo nessun 'comunicato ufficiale' sulla situazione qui. Ho provato a chiamare il consolato ma (come al solito) nessuna risposta. I media occidentali mi sembrano troppo allarmisti, di converso l'Asia non brilla esattamente per trasparenza. E nel mezzo, di chi mi fido?
Cosa faccio, prendo e mollo tutto per tornare in Italia "causa panico"? Coincidenza, ieri dall'Italia mi hanno contattato per una potenziale offerta di lavoro (in contemporanea, mi hanno chiamato per chiedermi di fare un pezzo sulla catastrofe giapponese). Ora penso che tutto sommato questa sera li chiamo e sento di che si tratta, che non si sa mai.
La gente attorno a me, in ufficio, sembra lavorare come nulla fosse. Mi chiedo come facciano. Mi pare talmente insignificante quello che facciamo rispetto a quello che sta succedendo li, fuori dalle porte di casa nostra. Noi qui col nostro solito tran tran mentre dietro l'angolo e' in corso una specie di fine del mondo. Mi ritorna alla mente il diario di un sopravvissuto a Hiroshima che ho letto qualche tempo fa.
Non lo so. Forse e' solo la stanchezza di questo periodo. Forse e' perche' non riesco ancora a capacitarmi e ad afferrare la portata di quanto sia successo in quel Paese che per me e' un po' una seconda casa in Asia. Ero li' due mesi fa e ora sembra l'apocalisse.
Rimanere qui in balia dei venti - nel senso letterale del termine - non mi fa stare tranquilla. Piantare in asso tutto, cosi d'un tratto, la mia vita qui e prendere e partire, mi sembra esagerato, o comunque surreale.
Devo tornare a valutare la realta' a mente fredda. Continuero' a seguire le notizie su tutti i fronti, giorno dopo giorno. Questa sera chiamero' la cinese e sentiamo che hanno detto alla 'seduta'.
Non voglio fare la 'drama queen'. Ma l'aria odora di paura. Vorrei svegliarmi domani e rendermi conto che tutto questo non e' stato che un incubo passeggero. E che in Giappone nulla e' cambiato.
Ieri sera ero a cena di lavoro con cinesi di un certo profilo e hanno cominciato a mettermi paura. A quanto pare, le autorita' qui non sono piu' tanto tranquille. Da ieri le compagnie cinesi hanno sospeso i voli su Tokyo e il governo sta monitorando i livelli di radiazioni nell'aria. Oggi ci sara' un'altra seduta. Mi sono svegliata stamattina che il telegiornale annunciava che per i prossimi tre giorni saremo sicuri. E poi?
Il mio coinquilino di quando abitavo a Tokyo se n'e' appena volato via dal Giappone. "Se aspetti di andartene quando ti confermano che la situazione e' pericolosa, allora e' gia' troppo tardi", gli ha consigliato un amico. E io penso che qui non sia poi tanto diverso. Il cinese di ieri sera m'ha detto che all'epoca di Chernobyl la nube ci ha messo 4 giorni per arrivare in Svezia. Tokyo-Shanghai sono 2 ore di volo.
Non trovo nessun 'comunicato ufficiale' sulla situazione qui. Ho provato a chiamare il consolato ma (come al solito) nessuna risposta. I media occidentali mi sembrano troppo allarmisti, di converso l'Asia non brilla esattamente per trasparenza. E nel mezzo, di chi mi fido?
Cosa faccio, prendo e mollo tutto per tornare in Italia "causa panico"? Coincidenza, ieri dall'Italia mi hanno contattato per una potenziale offerta di lavoro (in contemporanea, mi hanno chiamato per chiedermi di fare un pezzo sulla catastrofe giapponese). Ora penso che tutto sommato questa sera li chiamo e sento di che si tratta, che non si sa mai.
La gente attorno a me, in ufficio, sembra lavorare come nulla fosse. Mi chiedo come facciano. Mi pare talmente insignificante quello che facciamo rispetto a quello che sta succedendo li, fuori dalle porte di casa nostra. Noi qui col nostro solito tran tran mentre dietro l'angolo e' in corso una specie di fine del mondo. Mi ritorna alla mente il diario di un sopravvissuto a Hiroshima che ho letto qualche tempo fa.
Non lo so. Forse e' solo la stanchezza di questo periodo. Forse e' perche' non riesco ancora a capacitarmi e ad afferrare la portata di quanto sia successo in quel Paese che per me e' un po' una seconda casa in Asia. Ero li' due mesi fa e ora sembra l'apocalisse.
Rimanere qui in balia dei venti - nel senso letterale del termine - non mi fa stare tranquilla. Piantare in asso tutto, cosi d'un tratto, la mia vita qui e prendere e partire, mi sembra esagerato, o comunque surreale.
Devo tornare a valutare la realta' a mente fredda. Continuero' a seguire le notizie su tutti i fronti, giorno dopo giorno. Questa sera chiamero' la cinese e sentiamo che hanno detto alla 'seduta'.
Non voglio fare la 'drama queen'. Ma l'aria odora di paura. Vorrei svegliarmi domani e rendermi conto che tutto questo non e' stato che un incubo passeggero. E che in Giappone nulla e' cambiato.