"Non è tutto oro quel che luccica", e il marketing cinese
© Silvia Sartori, Shanghai, Gennaio 2012.
Code davanti al negozio della Apple all’alba del primo giorno
di vendite dell'ultimo iPhone.
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Shanghai - Uscita tardi dalla palestra, decido di fermarmi fuori a cena
e di provare un ristorantino vietnamita che ha aperto già da un po’ ma a cui
non sono ancora mai stata. Pare carino, moderno, e soprattutto è posizionato super
comodamente ad un piano di scale sotto la palestra e dall’altra parte della
strada rispetto al mio ufficio. Ci tengo a precisare (dettaglio che poi
risulterà quanto meno interessante): in uno dei palazzi in del centro città, dove
infatti c’è il gettonatissimo negozio della Apple.
Mentre mangio e, nell’ordine, constato come la cinese davanti a me si sia palesemente
rifatta il seno e rifletto sul perché abbia aspettato così tanto a provare
questo posto niente male, d’un tratto ho l’impressione di scorgere una veloce ombra
nera alla mia sinistra.
Mi volto ma non vedo nulla.
“Sarà la stanchezza post-palestra”, mi dico, e continuo a mangiare.
Passa qualche minuto e l’ombra si materializza. Assumendo le sembianze di un rattazzo che, mentre io sono ancora assorta a prendere atto dell’evento, ne approfitta per farsi una corsetta avanti e una indietro, prima di re-infilarsi nel buchetto sotto ai divani, all’angolo della parete!
A quel punto chiamo la cameriera (la Cina ha questa grande capacità di avere sempre una quantità sproporzionatamente esagerata di camerieri che però, nel momento magico in cui tu ne hai bisogno, sono introvabili), le spiego l’accaduto e lei, dall’imbarazzo, scoppia a ridere, portandosi le mani alla bocca per trattenere le risate. Non ci sto ricamando sopra, è stato esattamente così: dall’imbarazzo, è scoppiata a ridere! Spontanea e naturale che quasi faceva tenerezza.
Fine primo atto.
Mi volto ma non vedo nulla.
“Sarà la stanchezza post-palestra”, mi dico, e continuo a mangiare.
Passa qualche minuto e l’ombra si materializza. Assumendo le sembianze di un rattazzo che, mentre io sono ancora assorta a prendere atto dell’evento, ne approfitta per farsi una corsetta avanti e una indietro, prima di re-infilarsi nel buchetto sotto ai divani, all’angolo della parete!
A quel punto chiamo la cameriera (la Cina ha questa grande capacità di avere sempre una quantità sproporzionatamente esagerata di camerieri che però, nel momento magico in cui tu ne hai bisogno, sono introvabili), le spiego l’accaduto e lei, dall’imbarazzo, scoppia a ridere, portandosi le mani alla bocca per trattenere le risate. Non ci sto ricamando sopra, è stato esattamente così: dall’imbarazzo, è scoppiata a ridere! Spontanea e naturale che quasi faceva tenerezza.
Fine primo atto.
Dopo tre minuti, il rattazzo ricompare di scena. Again, di
camerieri neanche l’ombra. A quel punto, ancora mezza sospesa in aria dallo spavento, richiamo
un cameriere, aggiorno sulla comparsa e chiedo il conto. La cameriera di turno
mi dà una scusa altrettanto di turno, e poco dopo ritorna con lo scontrino. Scontrino
che, in nome del sofisticatissimo customer service cinese, non riporta nessuno
sconto né altra misura di scusa o compensazione.
Fingendomi stupita (in realtà, mi sarei sorpresa se lo sconto ci fosse stato ma in questi casi mi ostino comunque a fingermi sorpresa e a reclamare le legittime compensazioni), le chiedo se davvero non ci sia nessuno sconto, visto “l’incidente col topo”. Lei mi guarda come avesse appena sentito qualcosa di sorprendentemente imprevedibile, inaudito e rivelatorio, e dice che “va a chiedere”. Mentre lei sarà andata a mobilitare tutto il personale del ristorante, presente in quel momento, che ha un millimetro di grado gerarchico più alto del suo fino al capo massimo, e i minuti passano e non succede niente, prima che si faccia notte decido di andare io alla cassa e di vedermela direttamente con chicchessia. Così dopo poco mi si presenta un’altra tizia che, per farla breve, mi spiega che sconti non ne possono fare ma che mi possono offrire un piatto o una bevanda.
Alla fine dunque è andata meglio del previsto (per gli standard locali, questa è una storia a lieto fine, malgrado quanto si possa immaginare - o quanto sarebbe accaduto - in Occidente) e a quel punto decido di concedermi il capriccio di una seconda domanda di circostanza.( Sì, lo so che sono domande a vuoto però una volta ogni tanto sortiscono delle cose interessanti.) Mentre sto per uscire, le spiego allora che il mio ufficio è dall’altra parte della strada, che insomma io qui ci potrei venire anche spesso (e, tu, addetto vendite qualsiasi, a questo punto dedurresti tutto il resto), e le chiedo se incidenti col rattazzo capitino spesso.
E lei – beata spontaneità cinese! - mi guarda con un’espressione che dice: “Mah, va e viene”. Come se stessimo parlando di un temporale.
Nell'aria echeggiò un: "Addio ristorante. E' stato bello ma finisce qui."
Fingendomi stupita (in realtà, mi sarei sorpresa se lo sconto ci fosse stato ma in questi casi mi ostino comunque a fingermi sorpresa e a reclamare le legittime compensazioni), le chiedo se davvero non ci sia nessuno sconto, visto “l’incidente col topo”. Lei mi guarda come avesse appena sentito qualcosa di sorprendentemente imprevedibile, inaudito e rivelatorio, e dice che “va a chiedere”. Mentre lei sarà andata a mobilitare tutto il personale del ristorante, presente in quel momento, che ha un millimetro di grado gerarchico più alto del suo fino al capo massimo, e i minuti passano e non succede niente, prima che si faccia notte decido di andare io alla cassa e di vedermela direttamente con chicchessia. Così dopo poco mi si presenta un’altra tizia che, per farla breve, mi spiega che sconti non ne possono fare ma che mi possono offrire un piatto o una bevanda.
Alla fine dunque è andata meglio del previsto (per gli standard locali, questa è una storia a lieto fine, malgrado quanto si possa immaginare - o quanto sarebbe accaduto - in Occidente) e a quel punto decido di concedermi il capriccio di una seconda domanda di circostanza.( Sì, lo so che sono domande a vuoto però una volta ogni tanto sortiscono delle cose interessanti.) Mentre sto per uscire, le spiego allora che il mio ufficio è dall’altra parte della strada, che insomma io qui ci potrei venire anche spesso (e, tu, addetto vendite qualsiasi, a questo punto dedurresti tutto il resto), e le chiedo se incidenti col rattazzo capitino spesso.
E lei – beata spontaneità cinese! - mi guarda con un’espressione che dice: “Mah, va e viene”. Come se stessimo parlando di un temporale.
Nell'aria echeggiò un: "Addio ristorante. E' stato bello ma finisce qui."
E io, come se ce ne fosse ancora bisogno, ritorno alla mia teoria che, rebus sic stantibus: bettole 1, ristoranti (finto) posh 0.