Maiali galleggianti


Sta facendo il giro di Weibo – il popolarissimo social media cinese – l’”adattamento shanghainese” della locandina del noto film “Vita di Pi”. 

Shanghai – Nella passerella pressoche’ quotidiana di notizie su scandali alimentari e casi di inquinamento in Cina, l’ultima arrivata – ma non per questo di minor rilievo, anzi – e’ la notizia del ritrovamento di maiali sulle acque di uno dei tributari del fiume Huangpu che attraversa la citta’ di Shanghai.
Si’, avete capito bene: maiali galleggianti sulle acque di Shanghai.
Non uno o due ma, ad oggi, un seimila.

Tutto pare aver avuto inizio martedì della scorsa settimana quando le autorità locali vennero informate della presenza di alcuni maiali sulle acque del fiume nel distretto di Songjiang, a sud-ovest di Shanghai. Solo nel corso del weekend, però, le autorità avrebbero cominciato a prendere provvedimenti (una delle ragioni del malcontento pubblico) ed a quel punto il fenomeno ha inizato a palesarsi nella sua effettiva dimensione: per dirla con le parole di uno degli addetti alla “raccolta” dei maiali galleggianti, riportate dall’agenzia di stampa cinese Xinhua,  “It's common to find one or two dead pigs in the water, but too many corpses were found this time” [E' tipico trovare uno o due maiali morti in acqua ma questa volta ne sono stati trovati troppi.]. Parole che trovano eco nella dichiarazione di un paesano, intervistato da Reuters, che spiega come ci siano sempre stati maiali nel Huangpu e che, oltre alla quantità, l’unica altra differenza questa volta stia nel fatto che i maiali siano stati “raccolti”. “Prima, si raccoglieva solo l’immondizia”, spiega.   

Dichiarazioni, queste, che da sole la dicono lunga su molte questioni. Ma procediamo con ordine.

Mentre le indagini sulla questione continuano, ad oggi pare che l’origine del problema sia da ritrovarsi principalmente nella città di Jiaxing (Regione del Zhejiang), ad un centinaio di chilometri a nord di Shanghai, dove nelle settimane scorse e’ stata registrata la morte di circa ventimila suini.
Se e’ stata esclusa ad oggi la presenza di un’epidemia (i suini sarebbero morti per una combinazione di malattie e fattori ambientali), quanto alla ragione per cui questi animali, già morti, siano poi stati scaricati nel fiume, le spiegazioni ad oggi rimangono diverse e da confermare.
C’e’ chi lamenta la mancanza di un adeguato sistema di “smaltimento” degli animali morti, chi sostiene che gli allevatori de facto non ricevano il sussidio (di 80 RMB, circa 10 euro, a capo) a cui avrebbero diritto per la compensazione di bestiame malato e quindi se ne liberino “a piacimento”, chi accusa le autorità di non mettere in pratica un adeguato sistema di regolamentazione e supervisione della materia, chi punta il dito contro le assicurazioni che sarebbero poco inclini ad assicurare gli allevatori di maiali data la facilità con cui questi contraggono malattie. Piu’ di recente, c’e’ chi suggerisce un legame, quanto meno indiretto, con la sentenza emessa  mercoledì scorso dal tribunale di Wenling (sempre nel Zhejiang) che ha condannato a sei anni e mezzo di reclusione e al pagamento di 800,000 RMB (quasi 100,000 euro) un macellaio e 45, tra allevatori e venditori, che nella Regione del Zhejiang avrebbero venduto carne di maiali malati lo scorso anno. Secondo questa tesi, dunque, gli allevatori di Jiaxing avrebbero preferito buttare a mare i maiali malati anziche’ venderli, visto il nuovo precedente giudiziario. 

Ad essere sincera, infatti, non appena ho appreso la notizia dello scandalo, per prima cosa mi ha preso una sorta di “shock concettuale-visuale”: provavo a raffigurarmi questo fiume, che divide il classico panorama da cartolina di Shanghai tra la zona di Puxi e il distretto moderno di Pudong, punteggiato di maiali galleggianti. Una scena surreale, un misto tra un film dell’orrore e una puntata di fantascienza raccapricciante.
Superata questa prima fase, la prima cosa però a cui ho pensato – e con me molti altri – e’ stata: “Strano che non abbiano provato a venderli invece”. Il mio non era un atto di malafede, ne’ certamente un incoraggiamento ad un’iniziativa imprenditoriale “alternativa”. Ma purtroppo in Cina non e’ insolito sentire di carne di animali malati che finisce sulla filiera agroalimentare (vedi la storia dei famosi “polli a sei zampe” di KFC).

Proprio oggi, infatti, la testata di Hong Kong South China Morning Post riporta la testimonianza  di un abitante di Jiaxing, che per professione “raccoglie” i maiali morti delle fattorie della zona, il quale spiega come fosse pratica comune vendere a distributori illegali la carne di maiali morti - che potevano fruttare diverse dozzine di RMB al mercato nero - fino a quando i controlli e le contromisure del governo non si sono fatti piu’ serrati lo scorso anno.

 Il fiume Huangpu si snoda lungo il cuore di Shanghai. © Silvia Sartori - Shanghai, Luglio 2010.
Lo scandalo non ha potuto non destare ampio scalpore, anche perche’ e’ avvenuto in contemporea all’importantissimo National People’s Congress che, a Pechino, conferma la nomina dei nuovi Premier e Presidente cinesi, peraltro nel mezzo di roboanti appelli e propositi di lotta contro la corruzione.

Si era soliti apprendere di shock “anomali” in zone remote della Cina, lontane dagli occhi delle autorità centrali, più e meno attraversate dall’onda della modernizzazione e dello sviluppo ma ultimamente scandali ambientali e alimentari interessano sempre piu’ anche realtà centrali e simboliche (o, perlomeno, ultimamente la stampa ne parla). Questa volta, si tratta persino di quel fiore all’occhiello di megalopoli internazionali che Shanghai ambisce ad essere!

E’ scoppiato il panico sulla sicurezza dell’acqua (già di suo tutt’altro che sana), dato che il fiume fornisce almeno il 20 percento dell’acqua corrente ai 23 milioni di abitanti di Shanghai. Pur pervenendovi tracce di circovirus suino, apparentemente comune tra i maiali ma non pericoloso per gli essere umani, le autorità hanno provveduto subito, e ripetutamente, a rassicurare che l’acqua rimane “sicura” ed e’ costantemente sotto monitoraggio.
Nel frattempo, stando allo South China Morning Post, la municipalità di Shanghai avrebbe annunciato ieri il piano per accelerare la costruzione di barriere sul Huangpu “per evitare che ulteriori maiali galleggino a valle”. Parallelamente, e’ stata confermata l’intensificazione dei controlli sulla carne in vendita ai mercati, che risulterebbe tuttora sana e incontaminata. La carne di maiale e’, infatti, uno dei piatti prediletti dai cinesi che, nello scorso anno, avrebbero allevato il numero piu’ alto al mondo di suini (circa 475 milioni). 

In un’alternanza di moti di disgusto, rabbia, scherzi e battute sull’argomento, mentre ci si chiede se siano piu’ “fortunati” i Pechinesi, a cui è sufficiente aprire la finestra per fumare, o gli Shanghainesi che, aprendo il rubinetto, si trovano zuppa di maiale, per me -  che in Cina sono diventata una vegetariana de facto – una cosa e’ sempre piu’ chiara: questo e’ un Paese in cui, per ragioni di salute, non ci si puo’ fermare a lungo.
Ciò detto, rimane una fucina, come poche al mondo, di imprevedibili sorprese quotidiane. Di ogni genere.